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Stalking ed omicidio:

Vanno valutati disgiuntamente o è ravvisabile un reato complesso?

17.11.2022













La Cass. Pen. a Sezioni Unite, con la Sentenza datata. 26.10.2021 si è espressa sulla seguente questione di diritto: “Se, in caso di omicidio commesso dopo l’esecuzione di condotte persecutorie poste in essere dall’agente, nei confronti della medesima persona offesa, i reati di atti persecutori e di omicidio aggravato concorrano tra loro o sia invece ravvisabile un reato complesso, ai sensi dell’art. 84 co. 1 c.p.”.

In buona sostanza, ai fini della configurabilità del reato complesso è necessario che i molteplici reati che lo compongono costituiscano elementi strutturali della fattispecie incriminatrice astratta, e non elementi occasionali di modalità di condotta, e che ricorra il presupposto sostanziale dell'unitarietà del fatto intesa come contestualità delle condotte, le quali devono convergere verso un'unitaria direzione.

In tale ottica quindi l’omicidio costituisce l'ultimo degl’atti persecutori in danno della vittima, nell'ambito di un unitario disegno di persecuzione ed annientamento.

L'omicidio realizzato dopo la condotta di stalking nei confronti della vittima, contestato e ritenuto nella forma del delitto aggravato ex artt. 575 - 576, co. 1, n. 5.1 c.p. punito con la pena all'ergastolo, integra un reato complesso, ex art. 84 c.p., in ragione della unitarietà del fatto.

Per i giudici della Suprema Corte il delitto di stalking è assorbito da quello di omicidio e non può essere punito separatamente, a condizione, tuttavia, che quest'ultimo sia commesso contestualmente; se, viceversa, l'omicidio viene commesso a distanza di molto tempo dalle condotte persecutorie, manca il requisito minimo dell'unitarietà del fatto e dunque gli atti persecutori non possono essere considerati assorbiti dal reato di omicidio.

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