Proprietaria della casa condannata al risarcimento del danno pur in mancanza di testimoni oculari.
6.2.2023
La Corte di Cassazione VI° sez. civ. con l’ordinanza n. 2595 del 27.1.2023 si è espressa in tema di risarcimento del danno.
La PO chiede il risarcimento dopo essere stata colpita da alcuni calcinacci caduti dal balcone di una casa.
In primo grado, però, l’istanza risarcitoria viene respinta; ciò muovendo dal presupposto che il fatto dannoso non può ritenersi provato, in assenza di testimoni oculari.
Sono di parere opposto i giudici della Corte d’Appello: in sostanza, il primo testimone ha riferito di avere personalmente accompagnato la PO in ospedale, dopo averla vista con del ghiaccio in testa, e di aver altresì notato dei calcinacci a terra; evidentemente staccatisi dal balcone della sig.ra citata in giudizio. Il secondo testimone, componente della pattuglia della Polizia municipale intervenuta sul posto, ha dichiarato di essere giunto poco dopo l’incidente e di aver visto i calcinacci a terra ed aver incontrato il soccorritore della PO, il quale gli aveva riferito che quel materiale era piovuto dall'alto ed aveva colpito la parte offesa.
Per i giudici di secondo grado, quindi, il fatto illecito ascritto alla resistente, in qualità di custode delle cose che hanno cagionato il danno, può ritenersi provato; pur in assenza di testimoni oculari.
Inutile il ricorso in Cassazione proposto dalla titolare dell'abitazione, che, perciò, vede confermata la propria responsabilità per i danni riportati dalla parte lesa.
Nell'ambito di questa ricostruzione gli Ermellini danno rilievo decisivo alla circostanza che la PO sia stata vista nell'immediatezza del trauma subito; ricollegabile, con verosimiglianza, al distacco dal balcone del materiale che l’aveva colpita. Resta irrilevante, invece, se questo trauma abbia o non abbia provocato la specifica conseguenza del sanguinamento.
Inutile pertanto il ricorso in Cassazione da parte della titolare dell'abitazione dal quale sono piovuti i calcinacci, al fine di ribaltare la sentenza della Corte d’Appello, che è stata pertanto confermata dalla Suprema Corte.
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